Dal testo di Ramana Maharishi “Upadesha Sarah” insegnamenti sul Vedanta di Swami Ananda Saraswati

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Namaste, nella lezione precedente abbiamo discusso dei tre tipi di recitazione del japa: a voce alta, sussurrata o silenziosa, senza alcun movimento di lingua e labbra. Questo terzo tipo, chiamato ‘cittajam japa’, è una forma di meditazione, un po’ diversa da quella descritta da Patanjali. Ricordate bene che anche la meditazione è un’azione, di tipo mentale e che fin dal primo verso di questo testo(Upadesha Sarah), Ramana Maharishi afferma che l’azione è inerte e non può dare la felicità. É fondamentale che lo comprendiate: di solito agite per superare il senso di insicurezza, volete essere diversi da chi siete; volete raggiungere una posizione sociale ed economica migliore, pensando che ciò vi renderà sicuri. Il ‘senso del volere’, possiamo anche chiamarlo ‘senso del divenire’, predomina in voi ed è sempre presente. Questo non può essere risolto da nessun tipo di azione, nemmeno dalla meditazione. Andiamo ora a vedere cosa dice Ramana Maharishi  a proposito della meditazione.

“Il pensiero ininterrotto di Lui, che è come il continuo fluire del ghee o il fluire privo di sforzo dell’acqua in un fiume, è meglio del pensiero interrotto di Lui”.

Cos’è la meditazione? È qualcosa che deve fluire in modo continuo, ininterrotto, se ci sono interruzioni non è meditazione. Nel verso troviamo due esempi molto significativi: il flusso deve essere continuo come quando viene versato del burro sciolto al sole, la cui acqua è tutta evaporata, oppure deve essere come quello di un fiume che scorre senza sforzo. Nella meditazione, i pensieri fluiscono senza alcuno sforzo. I pensieri giungono alla mente in ogni momento e fluiscono spontaneamente, senza che voi dobbiate fare qualcosa. Compito della mente è ricevere il flusso dei pensieri. Qual è il problema? Voi cercate di interrompere questo flusso, lottate contro i vostri pensieri e cercate di filtrarli. Come mai? Perché non siete ben disposti nei confronti delle situazioni della vostra vita: alcune vi piacciono e vi fanno esultare, altre non vi piacciono e vi deprimono. Se continuerete a fluttuare, ad avere comportamenti altalenanti, come si può far affidamento su di voi? È impossibile. Molte relazioni si interrompono per questo motivo: a causa dell’umore che fluttua. Se imparerete a gestire i vostri stati d’animo, non fluttuerete più e sarete un flusso continuo, leggermente crescente o decrescente. Una persona consapevole continua a crescere, e rimane stabile anche nelle avversità.

Nella meditazione dovete essere ben disposti verso i vostri pensieri ed imparare ad accoglierli, non deve esserci alcuna lotta. Invece, in nome della meditazione, lottate contro la vostra mente, non siete amichevoli con i vostri pensieri, al massimo li tollerate. Per quanto tempo potrete riuscirvi? Ogni volta che tollerate qualcuno o qualcosa, prima o poi esploderete. Molti, in nome della meditazione, vi esortano a sviluppare la tolleranza, ma non è ciò che vi serve: si tollera solamente quando si è senza speranza e impotenti! La tolleranza non è nulla di grandioso. Quando siete impotenti non avete altra scelta che tollerare, come un bambino che tollera le sciocchezze dei genitori perché non ha altra scelta. Essere tolleranti vuol dire essere impotenti e voi volete essere impotenti nei confronti della mente? No. Non dovete tollerare, dovete accogliere amichevolmente. Qualsiasi sia la situazione, dovete accoglierla e prendervi cura di voi: l’accoglienza è chiamata meditazione.

Nella Bradaranyaka Upanishad è scritto che la terra è come se fosse in meditazione. Tutto ciò che accoglie è in meditazione: le montagne, il mare, la casa, la stanza che vi ospita… sono in meditazione, qualsiasi cosa voi facciate, vi accolgono e non si lamentano. Quando accoglierete i vostri pensieri, scoprirete di essere in meditazione. Se smetterete di lottare contro i vostri pensieri, si rifletterà sul vostro volto: quando c’è un pensiero negativo o deprimente, i tratti si incupiscono, invece, se siete di buonumore, il volto è radioso.  Dal testo Upadesha Sarah “Io Sono Felicità” di Swami Ananda Saraswati

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