Dialoghi con il Maestro Swami Ananda Saraswati

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Swamiji, cos’è temporaneo, transitorio?

La vita, essa è come una goccia d’acqua su una foglia di loto, non sappiamo quando la goccia cadrà, potrebbe succedere ogni momento.  ogni cosa ha un termine, per ogni cosa c’è un tempo.

Ci sono 3 fattori per cui le persone diventano arroganti:

  • Giovinezza, quando il corpo è forte
  • Ricchezza, diventiamo orgogliosi, pensiamo di essere qualcuno a causa di ciò che possediamo
  • Longevità, pensiamo di poter vivere per sempre mentre invece ogni respiro èuna benedizione ed ogni momento può essere l’ultimo. Quando l’ultimo respiro esce dal corpo c’è sempre la speranza di poter respirare ancora, ma non è così.

Sono giovane, forte, ricco, vivo: sono tutte cose temporanee, possono crollare in ogni momento.

E allora dato che tutto è transitorio,  impariamo a vivere per noi stessi

Ci sono tanti santi nelle diverse religioni, vivono per gli altri? No, non è così. Un albero vive per gli altri? No, mai. Un albero vive per sé stesso, per questo ogni parte di sé è utile agli altri. Un santo non vive per gli altri ma vive per sé stesso donando il meglio di sé agli altri. Ci hanno inculcato sin dalla nostra infanzia di vivere per gli altri. Se vivo per gli altri  sacrificando la mia vita, sviluppo frustrazione e, se non oggi, domani questa frustrazione esploderà. Se vivo per me stesso e non creo problemi agli altri è perfetto.  Ma non dobbiamo fraintendere. Quando vivo per me e creo problemi agli altri, mettendoli in difficoltà, non va bene. Vi faccio un esempio: sono ricco a discapito degli altri che diventano sempre più poveri.  Se vivo per me, cioè per la mia crescita emotiva, spirituale, nel processo permetterò agli altri di vivere per sé stessi, e questa è una gran cosa. Se nel mio ruolo di insegnante sono qui per compiacerti , non dirò nulla quando sbagli, se vivo per me sarò una persona utile per te e per me. Se invece mi identifico con l’ashram e vivo per l’ashram, accetterò dei compromessi, e così anche se vivo per mio marito, per mia moglie, i miei figli etc.

Se uno vive per sé accoglie gli altri così come sono.

I santi, i sadhu, non sfidano, non mettono in discussione nessuno, un insegnante invece si, ti mette con le spalle al muro e ti porta ad ascoltarlo. Il ruolo dell’insegnante è questo. Un sadhu è un grande santo e tratta tutti come bambini, con dolcezza, come fa un nonno, invece un insegnante non fa così.

Swamiji, cos’è l’inferno?

E’ lo stato di soggezione ai capricci degli altri, è essere dipendenti da qualcuno.

Se sono sottomesso ad un altro, tutto il tempo sono all’inferno.

L’inferno è stare sottomesso ad un altro senza crescere, a qualcuno che genera senso di colpa, mentre un vero maestro nel rapporto con il suo allievo vuole che tutto questo lo superi.

Quando il maestro muore se l’allievo e connesso al corpo del maestro si dispererà e sarà perso, se è connesso all’insegnamento non soffre, c’è dispiacere ma non disperazione.

Swamiji, cos’è la felicità?

Lo stato di libertà da tutto. La felicità è creata da noi. Soffriamo per l’assenza di qualcosa. Ad esempio, non sappiamo cosa sia il jackfruit, lo assaggiamo, ci piace e ne vogliamo ancora un po’ , ma è finito e questo ci rende infelici, poi ce ne danno un po’ e siamo felici per un po’.  Se siamo attaccati ad un luogo o a qualcuno o a qualcosa non possiamo essere felici. E’ necessario essere sempre consapevoli, ogni momento,  e osservare la mente, scoprire il nostro attaccamento, l’assenza di qualcosa ci rende infelici e in seguito la sua disponibilità ci rende felici, la nostra felicità non è altro che questo fluttuare. Se non siamo attaccati a nulla e non creiamo assenza, siamo sempre felici.

Swamiji, cos’è la verità?

In questo contesto, Satyam, la verità, è ciò che è benefico per gli esseri viventi, se non è benefico non è verità. Bisogna dire la verità, ma questa deve essere apprezzabile, gradevole, se non è gradevole meglio non dirla. Se parliamo di cose non  apprezzabili non possiamo comunicare, se diciamo cose che feriscono, non stiamo comunicando.

Swamiji, cos’è caro a tutti?

La vita. Tutti mi sono cari perchè sono vivo, se fossi morto niente potrebbe essermi caro. Se non amo me stesso non posso amare nessuno, quando sono vivo ogni cosa mi è cara.

Swamiji, cosa ci rattrista/insoddisfa?

L’autostima errata, quando ci sovrastimiamo o quando ci sottostimiamo. Sono rare le persone che si stimano per ciò che sono. Quando mi sottostimo metto gli altri su un piedistallo o viceversa li metto sotto i piedi, generando così molti problemi. Quando stimiamo noi stessi in base all’umore o alle situazioni esteriori avremo tristezza e disappunto.

Swamiji, cosa ci procura felicità?

Essere amico e stare in compagnia di persone virtuose. I genitori desiderano il meglio per i figli, sbagliano ma l’intenzione è buona, non vogliono il loro male ma spesso hanno un approccio sbagliato. Anche una persona virtuosa è così, si impegna per il bene della società, pensa il meglio per l’altro e la sua azione sarà sempre giusta, magari non è apprezzata al momento ma alla lunga apporta benefici. Quando siamo in compagnia di persone sagge, impariamo molto e questo rimane in noi e diviene utile nei momenti difficili.

Swamiji, chi è il più abile a distruggere ogni dispiacere?

Il dispiacere deriva dalla perdita, è un fatto mentale: attraversare situazioni difficili è una cosa, attraversare problemi mentali è diverso, ad esempio ho caldo e sudo ma dopo un po’ mi addormento, oppure ho caldo e sudo e il pensiero ossessivo del caldo che mi da fastidio mi impedisce di dormire, il nostro dolore è associato a questo. Nel primo caso vi addormentate, nel secondo caso non dormite affatto. Ogni volta che proviamo dispiacere accade per il senso di perdita, chi sa gestire questo, non avrà dispiacere.

Swamiji, cos’è la morte?

Lo stato di completa ignoranza. Noi siamo il frutto dell’ignoranza ma non dobbiamo morire ignoranti. Se moriamo ignoranti vuol dire che non abbiamo vissuto, esempio: sei in ashram ma non sai cos’è, è come se tu fossi morto, puoi camminare muoverti, ma sei un morto che cammina, non c’è forza vitale.

Swamiji, cosa è incommensurabile? Cosa non è misurabile?

Il dono che viene dato al momento giusto dalla persona giusta, con l’atteggiamento giusto, alla persona giusta. Ad esempio, nel buio totale, aspetto la luce e tu arrivi e mi porti una lampada accesa, se me la porti di giorno non è la stessa cosa, non è il momento giusto. Se capiamo una persona e il suo bisogno, dandole il meglio che possiamo dare, sia materiale che una parola, un’emozione o del tempo, questo è così prezioso che non è misurabile, se invece tutti questi fattori non sono allineati, il nostro dare non ha valore.

Swamiji, cosa ci fa sentire male? Cosa è molto doloroso?

Le azioni negative che commettiamo con consapevolezza e poi troviamo una scusa per giustificarci e continuare a farle. Se faccio qualcosa per ignoranza non è un problema, ma se so che fare questa cosa mi fa male e giustifico la debolezza, questa cosa mi seguirà fino alla morte.

 

Swamiji, cosa dovremmo avere tenere a mente giorno e notte?

Che il mondo è transitorio e niente permane.

Non avere fantasie e vedere le cose per quelle che sono. Ad esempio, se vedo solo la bellezza in questa lampada di carta sicuramente si strapperà. Se ne vedo anche i limiti: è fatta di carta, si può rompere, però è carina, quando si rompe non soffrirò, e saprò trattarla con cura.

Vedi i limiti in ogni oggetto, cosa, persona, altrimenti all’inizio vediamo solo la bellezza e dopo finiamo per vederne solo la negatività. Se ne vedo i limiti posso trattarla con la dovuta cura, o se vedo i limiti di una persona non mi farò ferire. Fate attenzione, questo non vuol dire diventare critici.

Swamiji, cosa deve essere un dovere fatto con amore ogni giorno? (non per sforzo o dovere)

Mostrare gentilezza a chi soffre, aiutare i bisognosi

Coltivare amicizie e associarsi a persone buone. Va fatto con amore, stando con persone buone, riceviamo cose buone, e aiutando i bisognosi non sviluppiamo sensi di colpa

 

 

 

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